Anatocismo: Art. 120 TUB e delibera CICR per il 2016 sulla capitalizzazione degli interessi.

L’Art. 120 TUB è stato già nel 2013 oggetto di novella ad opera della L. 147/2013. Il principale elemento di novità sostanziale è relativo alla parte della previsione normativa secondo cui “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, andranno calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”. (Art. 120 Comma 2 lett. b TUB).
Ebbene, a parere di chi scrive, il tenore letterale della norma è tale da esplicitare un risultato molto diverso, e forse antitetico, rispetto all’originario intento del legislatore (art. 1283 cc).
Invero, utilizzando i termini “capitalizzati” e “capitalizzazione” l’estensore ha, almeno formalmente, avallato ciò che nella sostanza si prefiggeva di vietare.
Per cui sarebbe stato sufficiente sostituire il temine “capitalizzati” e “capitalizzazione”, con “contabilizzati” e “contabilizzazione” per conseguire l’intento in maniera chiara. Infatti, è molto diverso asserire che: gli interessi periodicamente contabilizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di contabilizzazione, andranno calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

Ebbene, sul punto è intervenuto il CICR, quale organo deputato a definire le modalità e dei criteri per la produzione degli interessi nelle operazioni di attività bancaria.

Tale delibera stabilisce che:

  • Nelle operazioni di esercizio del credito tra intermediari e clienti “gli interessi maturati non possono produrre interessi” (Art.2);
  • Gli interessi maturati sono contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale” (Art. 3 comma 3);
  • Gli interessi attivi e passivi diventano esigibili decorso il termine di 60 giorni dal ricevimento da parte del cliente dell’estratto conto inviato ex art. 119 TUB, pertanto “decorso il termine di sessanta giorni il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi sul conto o sulla carta; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale”.

È evidente che la delibera, muove da un divieto assoluto di anatocismo sancito nell’articolo 2, per poi addivenire ad un compromesso. Il veto, infatti, non riguarda la possibilità di praticare l’anatocismo, ma la circostanza che ciò si realizzi in maniera unilaterale.
A tale scopo è previsto il “coinvolgimento” del cliente, il quale può decidere di corrispondere gli interessi contabilizzati entro 60 giorni dal ricevimento dell’estratto conto, oppure di non pagare alcunchè. È sottinteso che in tale seconda ipotesi, è implicito tali poste siano imputate a “capitale” in maniera definitiva ed incontrovertibile.
Ovviamente il chiaro riferimento all’art. 119 TUB non è casuale. Il comma 3 della norma prevede infatti un vero e proprio silenzio assenso, per cui in mancanza di opposizione scritta da parte del cliente gli estratti conto e, mutatis mutandis la “capitalizzazione degli interessi”, si intendono approvati.
Per vietare l’anatocismo – in ottemperanza al tuttora vigente art. 1283 cc – sarebbe stato sufficiente ribadire il divieto per cui “gli interessi maturati non possono produrre interessi”. L’indicazione relativa alle modalità pratiche di contabilizzazione degli interessi (“Gli interessi maturati sono contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale”) sarebbe stata certamente utile.
Tuttavia l’ulteriore passaggio logico affrontato nella delibera è certamente superfluo.
Il motivo per cui tale specificazione è stata operata è manifestamente dichiarato, e riguarda l’esigibilità da parte della banca degli interessi calcolati, ossia la possibilità che il creditore incassi entro un termine predeterminato, i frutti civili (art. 820 cc) che il “capitale” oggetto dell’operazione di credito ha prodotto.

L’esigenza dell’istituto di credito di incassare gli interessi entro un termine congruo è pienamente legittima, e senza dubbio degna di tutela da parte dell’ordinamento. Tuttavia è difficile comprendere perché l’esigibilità degli interessi debba necessariamente presupporre la capitalizzazione degli stessi a danno del cliente.

Si dovrebbero contemperare entrambe le esigenze, ossia il diritto della banca a percepire gli interessi ed il diritto del cliente di non patire una ingiusta maggiorazione dei costi.

Dott. Francesco Leo

Kipling Revisione Bancaria

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